Lavoro agile e Smart working

Di:
Ombretta Okely, con documentazione di Dario Paracchini (maggio 2020)

 

Pre Covid 19

Smart working: se ne parlava da anni, a volte favoleggiando di  un lavoro  diverso ma possibile solo in servizi e attività private,  un'innovazione lontana e forse mai praticabile dalla Pubblica Amministrazione.

Pratica ed esperienza rarissima,  salvo casi eccezionali  , a volte indicati durante le riunioni come privilegi di qualcuno, con questioni e domande  senza risposta: “come si fa a controllare quel che si fa?”, oppure    “con quali strumenti?”

La vita organizzativa e gestionale, nella Pubblica Amministrazione, sembra spesso collocata  solo  per caso  negli anni 2000: si conservano  procedure, protocolli, consuetudini   legate alla  ripetizione, a  forme conosciute e  consolidate di funzionamento. Di fatto questo è stato ed è  un modo di funzionare   che  permette di procedere  senza  ansia, senza cambiamenti che di per sé  producono  o produrrebbero necessità  di fermarsi, ripensare, rivedere i processi di lavoro complessivi, le modalità organizzative, le strategie spaziali, temporali, gestionali anche per collocare al meglio le risorse umane e professionali.

Negli anni si erano  avviate  riflessioni sul lavoro  agile e sullo smart working..parole misteriose da esplorare e di cui immaginare e pensare prospettive, limiti, vantaggi.. ma nel panorama specifico e antropologicamente caratterizzato della Pubblica Amministrazione, in Italia, nel 2020...sembravano quasi esercitazioni di studio di casi particolari..ben poco praticabili nella realtà organizzativa.

Nel frattempo, e in modo innovativo e apparentemente divergente dalla cultura del momento,  vengono avviate delle riflessioni  sul lavoro agile che diventano una legge innovativa valida sia per la Pubblica Amministrazione sia per il settore privato: sono gli anni tra il 2015 e il 2017..

Lo smart working in Italia  è infatti regolamentato dalla legge 81/2017 e promosso nella P.A. dalla Legge 124/2015.

La legge presenta  Il lavoro agile come una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita  e di lavoro. Il lavoro agile è definito come una prestazione di lavoro subordinato che si svolge secondo queste modalità:

a)              la prestazione viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e  dalla contrattazione collettiva;

b)              l’attività lavorativa può essere svolta tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici;

c)               quando il lavoratore svolge la prestazione fuori dai locali aziendali non è necessario che utilizzi una postazione fissa. la prestazione viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro

d)              Diventa chiara, secondo la legge, una modalità nuova di lavoro, su base volontaria, per alcuni giorni della settimana, in luoghi diversi dalla sede istituzionale in cui si è collocati.

 

L'arrivo del Covid 19

In questo scenario,  consueto  e ben conosciuto, il grande cambiamento causato dall'arrivo del coronavirus ha agito come un terremoto, che ha cancellato i fondamenti organizzativi , le abitudini e consuetudini, gli assunti di base di tipo  amministrativo e gestionale che regolavano e forse ancora oggi regolano processi di lavoro e procedure.

Non solo la salute è diventata centro di attenzione  e interesse, pubblico e privato, ma quasi simultaneamente  ai nuovi decreti sono emerse  le  questioni complesse  e stringenti  legate al lavoro, al lavoro in servizi alla persona,  al lavoro con il  pubblico: cosa, come, chi puo' o deve lavorare in presenza, chi e come a distanza, quali servizi sono da considerare e sono “essenziali”, quali possono diventare spazi nuovi di lavoro a distanza:come si inventa e reinventa il lavoro e all'improvviso, attraverso il ricorso allo smart working .

All'inizio, va detto, è stato il caos: oltre al trauma del virus arrivato inaspettato a cambiare la vita di tutti, ci si  è confrontati con l'obbligo e soprattutto la coazione  ad individuare metodi e strumenti  per continuare a lavorare ma in sicurezza, garantendo servizi alla cittadinanza, a chi chiedeva e chiede aiuto e sostegno ma anche  a chi chiedeva informazioni e, in qualche modo, una continuità di presenza sul territorio o nei Comuni. I servizi sociali, ovunque collocati , il personale di varie professioni di fronte a domande sociali e mandati istituzionali, comunque attivi, hanno scoperto ad inizio marzo la necessità di cercare e trovare strade nuove  percorribili per il proprio lavoro e strade “di servizio” da concordare e calibrare lungo tutta l'emergenza sanitaria e nei diversi contesti di lavoro.

Ogni organizzazione, ma ognuna a suo modo, ha cominciato a declinare il nuovo problema, a discutere del lavoro agile e scegliere strategie organizzative all'inizio improvvisate sull'emergenza, poi piu' articolate e ragionate nel servizio e nei gruppi di lavoro, al fine di regolare al meglio le attività di lavoro, le presenze e distanze, il lavoro da remoto e in presenza con le comunicazioni interne, le strategie, il possibile e l'impossibile . Coordinare interventi a distanza e di front office ma anche un lavoro di back office e collegamento e comunicazione interno al servizio è stato un momento di sfida organizzativa e gestionale, che ha coinvolto tutti in percorsi di riorganizzazione interna ed esterna. E' stato necessario  cercare e individuare  strumenti e tecnologie adatte, dotazioni per il lavoro da remoto, collegamenti tra remoto e presenza , considerare anche le  poco diffuse   competenze informatiche e  tecnologiche, la mancanza di attrezzature , la modifica dei set di lavoro.

Alcune cose sono subito emerse, la difficoltà di applicare le nuove regole di distanziamento sociale in servizi dedicati alle persone, ma anche la difficoltà di pensare a nuovi paradigmi di presenza ed assenza degli operatori, di controllo del lavoro e degli obiettivi da raggiungere, di continuità operativa pur con il cambiamento in corso e con risultati da valutare in base ad obiettivi complessivi.

Cambiate le modalità spaziali e temporali, ci si trova ad attuare un nuovo paradigma organizzativo che si orienta a processi per obiettivi , a controlli solo a distanza sui risultati.  La responsabilità personale, la “competenza” non piu' legata al cartellino, all'orario di lavoro, allo spazio dell'ufficio , ma a processi di lavoro conosciuti, orientati all'obiettivo e ben documentati, diventa il nuovo patrimonio di operatori e di un servizio che ha imparato e sta imparando a gestire flessibilmente e in modo nuovo il lavoro consueto.

 

Lavoro agile in emergenza sanitaria

 I recenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri hanno accelerato il ricorso al lavoro agile semplificando di fatto l’avvio e l'attuazione nei diversi contesti lavorativi.

I servizi alla persona nelle P.A. pur travolti dall’emergenza COVID 19 hanno obbligato  i datori di lavoro pubblici e privati ad attivare il lavoro agile in tempi immediati. La circolare del Ministero della Pubblica Amministrazione ha cancellato la parola “sperimentazione” che è diventata  la norma. Di fatto viene decretata la fine della straordinarietà del lavoro agile nella Pubblica Amministrazione.

 Un passo in più è compiuto con la circolare n. 2/2020 del Ministro della Pubblica Amministrazione in che prevede due elementi di novità:

a)                Fare ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa;

b)               Ripensare e riprogrammare le attività che possono essere parte del lavoro, includendo anche attività che all’inizio erano escluse.

Il lavoro agile diventa un dato di fatto nella P.A. E scardina gli obsoleti sistemi di controllo e verifica delle performance fondate sulla prossimità fisica, lo spazio comune, gli orari.

Il Governo, nell'emergenza,  abbatte uno modello antico e fondativo della P.A. chiedendo esplicitamente che le attività di ricevimento del pubblico siano prioritariamente garantite con modalità online e con modalità a distanza.

Per gli operatori è, di nuovo, una rivoluzione e in base all'analisi di compiti, mansioni, funzioni, possono cominciare a distinguere , nel proprio settore e servizio, con la propria professione, il significato dello smart working e del lavoro da remoto: ma rimane  ampia e ancora indefinita e da sperimentare la dimensione del lavoro di relazione sociale e di servizio in un contesto di distanziamento fisico ma non operativo e interpersonale.

 

Quali scenari tra continuità e novità..fase 2 ed oltre

 E' nel tempo di oggi, nel tempo che sta arrivando, che si inizia a pensare l'impensabile, finora davvero un mondo estraneo: ci si confronta con videochiamate, con incontri di gruppo a distanza, con strumenti informatici non ben conosciuti e praticati. La scuola, i servizi sociali, le amministrazioni, la Giustizia, affrontano collettivamente e a volte inadeguatamente molte cose nuove e tutte insieme..Ci sarà tempo per capire meglio e meglio analizzare le variabili cliniche ed organizzative, le cose da ricordare e da garantire a tutti, cio' che si deve, puo' o si consiglia …e si parla di strumenti come di spazi, di preparazione organizzativa come di operatività quotidiana.

Lo smart working non è buono né cattivo, ha vantaggi in un tempo di emergenza e necessità, fa scoprire  riunioni utili pur se distanti e soglie molto alte di attenzione in vis a' vis mediati dal computer o dal cellulare. Rimangono gli svantaggi di una deprivazione fisica e corporea  che inusualmente costringe ad ascoltare “oltre” ai corpi e alla dimensione fisica.

Sarebbe interessante, post Covid 19, capire cosa tenere e cosa lasciare, cosa garantire e garantirsi e cosa , ma anche perchè, conservare: se gli incontri in presenza per alcuni lavori di relazione sono e saranno necessari, altri aspetti del lavoro dei servizi , il back office e le riunioni, le informazioni ecc., potrebbero diventare almeno ad intervalli  incontri a distanza.  Presenze a rotazione nei servizi, alternanza di orari  con tempi di lavoro scanditi in modo diverso, potrebbero essere i risultati positivi di un'esperienza di deprivazione e straniazione collettiva che ha attraversato gli ultimi mesi.

Ma puo' o potrà anche accadere che ci si organizzerà e strutturerà per tempi di lavoro diversi, legati alle specifiche funzioni o a set di lavoro flessibili e diversificati: tempi di lavoro in ufficio, altri da remoto, anche in base a modulazioni finalmente piu' fluide e articolate delle proprie attività.

Di fatto, oggi, lo smart working sta consentendo a tutti i lavoratori di fare un salto culturale, perché telelavoro non è lavorare di meno, ma diversamente, eil lavoro agile sta permettendo di contenere i contagi senza fermare l’azione amministrativa di tutti gli Enti interessati. E il domani? Rendendo il lavoro agile una forma stabile e possibile se scelta, strutturata e organizzata , potrà forse diventare ed essere una forma nuova, ordinaria   e non straordinaria di lavoro .

 

Fonti citate:

Lavoro agile – guida pratica per le Pubbliche Amministrazioni di Valerio Langè e Emilio Gregori

Cosa dice la Legge 81/2017? Valerio Langè e Emilio Gregori, docenti e studiosi della materia, hanno evidenziato 8 punti fondamentali:

1)   il lavoro agile mira a migliorare produttività e benessere: siamo davanti a un modo di lavorare che ha come scopo l’incremento della competitività e l’agevolazione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

2)   il lavoro agile è per tutti: si applica tanto al settore pubblico quanto a quello privato.

3)   Il lavoro agile si formalizza tramite un accordo scritto: l’accordo individua i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche ed organizzative per assicurare il diritto alla disconnessione; regola inoltre l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione.

4)   Il lavoro agile non è un obbligo: si può recedere in qualsiasi momento con un preavviso non inferiore a trenta giorni (indeterminato). Nel caso di lavoratori disabili il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.

5)   Il trattamento economico, col lavoro agile non cambia, né cambia il diritto all’apprendimento continuo. Inoltre, gli incentivi fiscali e contributivi relativi agli incrementi di produttività ed efficienza sono applicabili anche quando l’attività lavorativa avviene in smart working.

6)   Col lavoro agile si coopera per la sicurezza: il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore consegnando annualmente un’informativa scritta su rischi generali e specifici; il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione.

7)   Col lavoro agile rimane la tutela per gli infortuni: permane il diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello scelto per lavorare, tenuto conto che la scelta del luogo sia dettata da esigenze di lavoro o di conciliazione e risponda a criteri di ragionevolezza.

8)   Il lavoro agile si pone quale potente strumento di conciliazione: occorre infatti dare priorità alle mamme nei tre anni successivi alla fine del congedo di maternità e ai lavoratori con figli con disabilità.

Nella P.A. è obbligatorio la definizione precisa di:

-        Giorni, ore, mesi, anni di durata dell’iniziativa di lavoro agile;

-        Frazionabilità della giornata di smart working in ore o mezze giornate;

-        Calendario

 

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